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Ad Block e Native Advertising: la pubblicità si trasforma

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Ad Block e Native Advertising: la pubblicità si trasforma

Caricamento. La barra inizia a riempirsi e l’articolo che vorremmo leggere appare. Iniziamo a scorrerlo ma… puff! scompare perché il caricamento non è completo, anzi sembra ricominciare da capo. Poi iniziano ad apparire uno, due, tre popup, si sovrappongono, si spostano, sembrano fare un balletto. Ok, calma. Chiudiamo queste benedette pubblicità! Parte la caccia al tesoro, anzi alle “X”, in alto a destra… No, in basso. Eccole lì, le abbiamo puntate tutte, presa ferma dello smartphone in una mano mentre i polpastrelli dell’altra si riscaldano, la lotta sarà dura ma loro sono pronti a combattere. L’indice prova la mossa, punta le “X” e sferra il primo colpo, attimi di attesa, il popup è sempre lì in primo piano che si prende gioco di noi, e allora giù con touch ripetitivi e percussioni di display a ritmo heavy-metal, sicuramente la degna colonna sonora per questa scena. Ok, quando siamo sicuri di aver beccato la “X” – la X! – molto probabilmente avremo aperto altre schede nel browser con nuove auto scintillanti chiavi in mano, l’ultima dieta a prova di Belen e la dea bendata che ci ha sorteggiati per una vincita milionaria. Ma dato che l’ottimismo è il sale della vita diamo per vinta questa battaglia: siamo riusciti, finalmente, a farci l’autodiagnosi di una malattia rara o a trovare la ricetta giusta per la cena, che fatica però!

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Ricominciamo: quanti di voi usano l’ad blocking per poter navigare in tutta pace senza l’assillo delle pubblicità? La diffusione di questo componente nei browser crea, però, un problema. Il principio che regola la pubblicità sul web fa sì che i siti forniscano i contenuti e che gli utenti possano usufruirne gratis. Era un giusto compromesso fino a quando qualcuno, prendendoci gusto, ha calcato la mano: la maggior parte dei siti risulta navigabile solo dopo aver passivamente incamerato quei due o tre popup, magari sovrapposti, ed essere riusciti finalmente a chiuderli grazie alla miracolosa apparizione della “X”. Le inserzioni pubblicitarie però sono la linfa vitale degli ads sul web e, visto che il “trend ad block” è ovunque in crescita e l’Italia, nel 2015, registra un aumento del 134%, bisogna correre ai ripari. Alcuni siti di informazione negano l’accesso ai contenuti per gli utenti con ad block attivo – è il caso di Bild il giornale online più letto in Germania, o di GQ negli Stati Uniti – altri invitano semplicemente alla disattivazione. A questo punto sarebbe opportuno chiedersi se convenga fare pubblicità a tutti i costi, o se sia legittimo per un utente difendersi da un tipo di marketing così aggressivo.

LA PUBBLICITÀ SUL WEB È DESTINATA A SPARIRE?

No, semplicemente cambia il modo di comunicare: si sta affermando una nuova idea di pubblicità che mira a sostituire l’advertising invasivo che rallenta la navigazione, con un advertising più rispettoso nei confronti degli utenti. Si tratta della Native Advertising, cioè quel tipo di pubblicità che immerge il contenuto sponsorizzato all’interno del contenuto editoriale, come ad esempio le inserzioni a pagamento su Facebook.

A differenza della pubblicità tradizionale che ha l’obiettivo di “distrarre” il lettore dal contenuto per comunicare il messaggio, la Native Advertising ha come caratteristica fondamentale quella di non essere assolutamente interruttiva per gli utenti in quanto il messaggio pubblicitario assume le stesse sembianze del contenuto diventandone parte, con l’obiettivo di catturare l’interesse dei lettori. La nuova frontiera della comunicazione promozionale sul web, quindi, è proprio questa. Gli analisti, infatti, prevedono che entro il 2016 ci sarà il boom degli investimenti per questa forma di promozione. E ci sembra la giusta strada da intraprendere visto che le nuove versioni dei browser stanno migliorando l’esperienza di navigazione: iOS 9 include gli ad blocker di default e anche Samsung ha intenzione di seguire la stessa strada. Ma gli inserzionisti non disperino, in questo panorama si inserisce una novità che nasce appositamente per scongiurare la guerra tra editori e ad blocker.

BRAVE, IL BROWSER CHE RIVOLUZIONA LA PUBBLICITÀ

Stiamo parlando di Brave, browser sviluppato dal creatore di JavaScript, Brendan Eich, che ha un “ad block” integrato in grado di bloccare tutti i cookie di terze parti e tutti gli script che provano a iniettare pubblicità: così facendo il caricamento delle pagine risulterà il 40% più rapido su desktop e fino a quattro volte più celere su mobile.

Dov’è l’originalità? Con Brave la pubblicità non scompare, anzi si introduce un nuovo sistema pubblicitario, basato sul cloud, che non sovraccarica il dispositivo degli utenti. L’innovazione, poi, sta nel suddividere il fatturato tra chi pubblica i contenuti, utenti, partner e ovviamente la stessa Brave. All’utente si lascia la libertà di scelta sulla visualizzazione o meno dei contenuti pubblicitari, e per gli ads visualizzati saranno assegnati dei bitcoin che l’utente stesso potrà regalare ai siti che considera meritevoli, utilizzare per acquistare contenuti o per scegliere di non vedere del tutto alcuna pubblicità.

In sintesi qual è l’obiettivo da centrare? Non eliminare la pubblicità, ma rendere la navigazione un’esperienza meno stressante e profittevole per tutti: in tal modo l’utente tornerà a fruire di pubblicità selezionata e rilevante e, pertanto, di maggior valore.

 


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